IL CONCETTO DI SÉ IN PROSPETTIVA CULTURALE
di
ELENA ANTONELLI e VITTORIO RUBINI (Università di Padova) tratto da GIORNALE ITALIANO DI PSICOLOGIA / a. XXVI, n. 1, marzo 1999   Parte 1 - 2 - 3

Riassunto. Lo studio si è posto il duplice obiettivo di descrivere il tipo di contenuti dacui è costituito il concetto di sé di individui adulti e di confrontare, in relazione adalcuni di tali contenuti, soggetti maschi e femmine, settentrionali e meridionali. Lo strumento impiegato è stato il Twenty Statemene Test (TST), che permette di cogliere leautoconcezioni spontanee dei soggetti. Il TST è stato somministrato a 1009 soggetti conetà media di 32 anni. I risultati hanno mostrato che il concetto di sé è un'entità variegata,ma in cui prevalgono le caratteristiche di personalità. Relativamente al fattore sessualeè stata confermata la nostra attesa circa la presenza di un schema di connessioneinterdipendenza più marcato nelle donne che negli uomini e di un autoschema diseparazione-indipendenza prevalente negli uomini. L'attesa relativa ad una concezionedi sé prevalentemente collettivista nei meridionali e individualista nei settentrionali nonha invece ricevuto conferma dai dati.

INTRODUZIONE

II notevole sforzo teorico e sperimentale rivolto negli ultimi ventianni alla comprensione del concetto di sé, soprattutto da parte deglistudiosi della Social Cognition, che lo hanno inteso come un insiemedi diversi tipi di autorappresentazioni connotate affettivamente (ad es.Markus e Wurf, 1987), ha tuttavia trascurato l'analisi delle sue componenti. Già nel 1979 Rosenberg notava che la natura idiografica deicontenuti dell'identità è stata generalmente ignorata dagli studiosi che«chiedono ai loro soggetti quanto siano intelligenti, piacevoli, moralio neurotici senza mai preoccuparsi di determinare quanto siano importanti per i soggetti tali caratteristiche» (Rosenberg, 1979, p. 282). Ancora oggi gli studiosi del sé utilizzano prevalentemente metodireattivi, soprattutto questionari ed inventari, con i quali ai soggettivengono presentate una o più dimensioni scelte a-priori, rispetto allequali devono collocarsi; in tal modo viene preclusa la possibilità diconoscere quali dimensioni siano spontaneamente salienti nel concettodi sé e importanti per l'individuo, tali quindi da essere liberamentescelte per l'autodescrizione. Probabilmente gli strumenti che prevedono risposte libere sono stati scarsamente impiegati allo scopo di evitare l'onerosa analisi dei contenuti delle risposte (McGuire e McGuire 1988).Le poche ricerche che hanno indagato i contenuti del concetto disé di individui adulti utilizzando metodi non reattivi (ad esempio ilTwenty Statements Test di Kuhn e McPartIand, 1954, che chiede aisoggetti di rispondere per 20 volte alla domanda: «Chi sono io?») hanno messo in luce che, come ipotizzato, il concetto di sé è un'entità composita che include sia appartenenze sociali che tratti di personalità e anche valori, interessi, piani futuri e paure (Prentice, 1990) ma incui, almeno con campioni di soggetti occidentali, tendono a prevalerele caratteristiche di personalità (Jones, Sensenig e Haley, 1974; Cousins, 1989; Antonelli, 1995).In tali ricerche, portate avanti prevalentemente da psicologi socialiamericani, un aspetto che ha ricevuto scarsa attenzione riguarda l'origine sociale del sé, la sua «costruzione» e mantenimento tramite l'interazione sociale, enfatizzati dai primi teorici (James, 1890; Cooley, 1902; Mead, 1934).Solo da pochi anni si assiste ad un recupero del significato culturale di questo costrutto grazie a teorizzazioni e ricerche inerenti l'influenza esercitata dalla cultura, in senso lato, sul concetto di sé degliindividui. Secondo il modello proposto da Oyserman e Markus (1993)il  sé  è un  vero  e proprio locus  di  influenze socio-culturali  che  riceveed organizza i diversi messaggi comunicati dai vari contesti a cui l'individuo si trova ad appartenere: il contesto del proprio genere, quelloreligioso, di classe sociale, di gruppo etnico, di nazionalità ecc. Almutare dei contesti socio-culturali variano anche i contenuti del séperché l'individuo è esposto a messaggi diversi: il legarsi ad un particolare gruppo sociale influenzerà la formazione dell'identità, la struttura del concetto di sé e i suoi processi.Sebbene il lavoro empirico relativo a tali fattori socio-culturali ealle loro influenze sul concetto di sé sia ancora scarso, alcuni autori sisono occupati del sé da una prospettiva cross-culturale, cercando dispiegare teoricamente e di indagare empiricamente come la struttura,le funzioni ed i contenuti del sé variano secondo la cultura di appartenenza degli individui.Triandis, Bontempo, Villareal, Asai e Lucca (1988) hanno suggeritoche un modo per trattare, in termini socio-psicologici, un concettovago come quello di cultura, è di esaminare le «dimensioni determinanti di variazione culturale» (p. 323). Una di tali dimensioni, la piùstudiata, è il collettivismo opposto all'individualismo. Il primo promuove il mantenimento delle norme sociali e l'obbligo di assolvere adoveri sociali definiti dall'ingroup (Triandis, 1990). All'interno di talevisione del mondo vengono incoraggiati lo sviluppo ed il mantenimento di credenze, atteggiamenti e pratiche comuni, e viene sottolineata l'importanza della cooperazione con l'ingroup (Markus e Kitayama,1991). L'individualismo, invece, sottolinea l'importanza del conseguimento di obiettivi personali e considera il sé come l'unità di base della sopravvivenza; di conseguenza vengono promossi lo sviluppo ed ilmantenimento di un'identità personale separata e della capacità di lottare  per l'autorealizzazione  (Triandis,  1990;  Markus  e  Kitayama,1991). Il collettivismo è caratterizzato principalmente da un fattore di Integrità Familiare (desiderio di stare con i membri della propria famiglia e della famiglia allargata), mentre l'individualismo da un fattoredi Distacco dai gruppi d'appartenenza. Corrispondenti all'individualismo e al collettivismo quali dimensioni culturali, Triandis, Leung, Villareal e Clack (1985) hanno identificato le variabili individuali dell'idiocentrismo e dell'allocentrismo che nelle analisi fattoriali risultanodescritti, rispettivamente, dai fattori denominati Fiducia in sé stessi eCompetizione ed Interdipendenza e Socievolezza.Triandis (1990) fa; notare che gli Stati Uniti, l'Australia, la NuovaZelanda, il Canada e i paesi del Nord Europa costituiscono le culturepiù individualiste, mentre i paesi asiatici, sudamericani, africani e ipaesi dell'Europa del Sud, tra cui Grecia ed Italia, sono quelli chemaggiormente evidenziano pattern collettivisti. Esistono tuttavia moltitipi diversi sia di collettivismo che di individualismo, a seconda dell'importanza attribuita alla famiglia, alla tribù, alla nazione e delle diverse mescolanze delle dimensioni di fiducia in sé stessi e di sensod'integrità della famiglia, del grado di competitività e delle componenti narcisistiche.Le ricerche che hanno confrontato l'asse nord-sud, in relazione aqueste dimensioni culturali, sono molto meno numerose di quelle chehanno effettuato confronti tra ovest ed est, e sono perlopiù diretteallo studio del comportamento intergruppi (Brown, Capezza, Palladi-no e Volpato, 1996). Alcune indagini un po' datate, a matrice sociologica o antropologica, avevano caratterizzato l'Italia meridionale comepiù orientata collettivamente di quella settentrionale, soprattutto nelsenso del familismo: la persona viene maggiormente identificata intermini di affiliazioni con gruppi sociali specifici e principalmente conla famiglia (cfr. ad es. Banfield, 1961). Nonostante i mutamenti in attonella società meridionale, secondo Siebert (1991) la maggiore importanza assegnata ai vincoli familiari al sud rispetto al nord persiste tuttora. Recentemente Semin e Rubini (1990) hanno esaminato i tipi diinsulto quali indici del modo in cui il concetto di persona viene costruito culturalmente. I risultati hanno evidenziato che gli insulti ditipo relazionale (diretti ad una persona e alle sue relazioni) sono piùfrequenti in meridione che al settentrione, mentre alcune categorie diinsulti di tipo individualistico sono più frequenti al nord.La collocazione di una cultura lungo l'asse «collettivismo-individualismo» influisce sui contenuti e sulla struttura delle concezioni disé dei membri appartenenti a quella cultura (Triandis, 1990; Markus eKitayama, 1991). Infatti nelle descrizioni libere che danno di sé stessi,gli individui appartenenti a culture collettiviste, quali gli asiatici, menzionano più ruoli sociali di quanto facciano gli individui appartenentia culture individualiste, occidentali, che tendono a caratterizzarsimaggiormente in termini di tratti di personalità (Cousins, 1989; Triandis, McCusker e Hui, 1990).In tale prospettiva, che vede il sé come un costrutto eminentemente socio-culturale, un importante fattore da prendere in considerazione è il genere. Osservando che maschi e femmine, specialmente in etàevolutiva, fanno parte di «nicchie ambientali» diverse in cui vigonoassunti e prescrizioni differenziate, è stato proposto (Markus e Oyserman, 1989) che, in analogia con le differenze riscontrate tra individuidi culture prevalentemente individualiste e individui di culture prevalentemente collettiviste, gli uomini più frequentemente delle donnesviluppino un concetto di sé «individualista», «separato», «indipendente» (autoschema di separazione-indipendenza), i cui elementi peculiari sono le caratteristiche personali dell'individuo. Le donne invece svilupperebbero concezioni di se stesse definibili come «collettiviste», «sociocentriche», «interdipendenti» e «connesse», i cui elementiprincipali sono costituiti dalle relazioni con gli altri (autoschema diconnessione-interdipendenza).Markus e Oyserman (1989) riconoscono che importanti antecedentidel loro punto di vista si trovano nella letteratura femminista che aveva enfatizzato le differenze tra maschi e femmine. In questo ambitouna delle proposte più interessanti e di maggior valore euristico èquella di Gilligan (1982), che ha ipotizzato l'esistenza di differenze digenere nello sviluppo morale. L'autrice prospetta due diversi approccialla soluzione dei conflitti morali: quello maschile, basato sui concettidi giustizia e di diritto, e quello femminile, basato invece sui concettidi responsabilità verso gli altri e di attenzione nei loro confronti. Talidiverse modalità di giudizio morale sono correlate a diversi sé, l'unoche si definisce attraverso la separazione e l'autonomia e l'altro che èradicato nelle esperienze di interdipendenza e del prendersi cura deglialtri. L'esitazione delle donne a giudicare gli altri e la loro tendenzaad accettare il loro punto di vista deriva dal desiderio di conservare lerelazioni con tali persone. Il legame tra ragionamento morale e concetto di sé ipotizzato da Gilligan (1982) è stato indagato empiricamente da Lyons (1983), che ha chiesto a soggetti di entrambi i sessidi autodescriversi e di rispondere a domande circa conflitti morali vissuti personalmente. I risultati mostrarono che la maggior parte delleventidue donne intervistate descriveva un sé connesso agli altri e interdipendente e rivelava preoccupazioni per il loro benessere. Il séemerso dalle autodescrizioni dei quattordici uomini del campione rifletteva invece separazione nelle relazioni con gli altri, che venivanovalutate nei termini delle proprie abilità nell'interazione. Lo studio diLyons (1983) ha anche dimostrato che, indipendentemente dal sessodei soggetti, coloro che avevano un sé connesso nell'emettere i lorogiudizi morali consideravano le reazioni altrui, mentre coloro che avevano un sé separato si rifacevano più frequentemente ad una moraledei diritti.Dopo questo lavoro di Lyons (1983), nonostante i numerosi studisulle differenze di personalità tra maschi e femmine, la ricerca ha trascurato l'indagine delle concezioni di sé di soggetti adulti quali emergono da descrizioni libere, in particolare è tuttora carente lo studiodegli autoschemi di connessione-interdipendenza e degli autoschemidi separazione-indipendenza.Il presente lavoro si pone come primo generale obiettivo di descrivere quali siano i contenuti prevalenti del concetto di sé di un ampiogruppo di soggetti adulti, maschi e femmine, di diversa provenienzageografica. Per cogliere le percezioni più autentiche che le personehanno di se stesse, abbiamo impiegato uno strumento a risposte libere, il Twenty Statemene Test (Kuhn e McPardand, 1954), a cui si èprecedentemente accennato.Un secondo obiettivo consiste nel controllo delle ipotesi di Markuse Oyserman (1989) circa l'esistenza di un autoschema di connessione-interdipendenza nelle donne e di un autoschema di separazione-indipendenza negli uomini. Una ricerca precedente (Antonelli, 1993),condotta con 330 soggetti italiani, ha fornito parziale conferma alleipotesi: nelle autodescrizioni delle donne, infatti, comparivano percentuali maggiori, rispetto agli uomini, di attributi di personalità indicativi di comunione e di interesse per gli altri e di attributi definiti in termini contestuali. Gli uomini, invece, si erano autodescritti, in misuramaggiore delle donne, tramite i loro interessi, le loro credenze e i ruoli sociali maggiormente pubblici.La composizione del gruppo di soggetti presi in esame ci permette,infine, di valutare se l'orientamento al familismo, che la letteratura sociologica riconosce come più accentuato al sud, si riflette in una concezione di sé maggiormente collettivista. A tale proposito lo studio acui si è accennato (Antonelli, 1993) non aveva mostrato differenze significative tra settentrionali e meridionali.Le nostre attese erano che nelle autoconcezioni delle donne e deimeridionali comparisse un numero maggiore, rispetto agli uomini e aisettentrionali, di riferimenti ad altre persone significative, soprattuttofamiliari, sia nella forma di ruoli sociali svolti nei loro confronti, sianella forma di caratteristiche di personalità che denotano interdipendenza.Ci aspettavamo invece che gli uomini e i settentrionali, complessivamente, si riferissero maggiormente a se stessi come singoli individui e a ciò che li caratterizza in quanto tali.In modo più circostanziato, in riferimento al sistema di classificazionedelle risposte che abbiamo impiegato (cfr. METODO, Strumenti)  abbiamo ipotizzato che:                                                     

a) le donne rispetto agli uomini e i meridionali rispetto al settentrionali fornissero un numero maggiore di autodescrizioni in terminidi ruoli sociali familiari, sentimentali, amicali e sessuali, di attributi dipersonalità indicativi di comunione con gli altri e di attributi definitida un contesto interpersonale, spaziale o temporale;
b) gli uomini rispetto alle donne ci settentrionali rispetto ai meridionali
fornissero un numero maggiore di risposte riferentesi ai ruolisociali lavorativi, politici, ed etnico-geografici, agli attributi psicologipuri agli attributi indicativi di interessi e preferenze personali, e alleproprie credenze e opinioni.

Circa la possibilità di un effetto significativo dell'interazione trasesso e cultura d'appartenenza, lo stato della ricerca non permettevadi formulare previsioni circostanziate: mentre, ad esempio, ci si poteva attendere che gli uomini settentrionali costituissero il gruppo piùindividualista e le donne meridionali quello più collettivista, nulla sipoteva affermare sulle eventuali differenze tra femmine settentrionalie maschi meridionali.                                         

METODO

Strumenti

Per la valutazione dei contenuti del concetto di sè abbiamo  impiegatoil Twenty Statemene Test (TST) di Kuhn e McPartland (1954),che richiede ai soggetti di rispondere in forma scritta, e per 20 voltealla domanda «Chi sono io?». Le istruzioni del TST, conformi a quelleoriginali (Kuhn e McPartIand, 1954), sono riportate in appendice A.Le risposte sono state classificate tramite un sistema di codificamesso a punto da Cousins (1989) che prevede quattro fondamentalicategorie di autopercezione, rappresentanti ognuna diversi livelli diastrazione, denominate Fisica, Sociale, Attributiva e Globale, e alcunesubcategorie che Cousins (1989) creò per l'adattamento agli scopi della

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