Questo libro si propone di offrire alcune idee sul lavoro e sulle
organizzazioni immateriali. La maggior parte dei libri sul tema del
lavoro presenta le teorie formulate nel secolo scorso, tutte basate
su premesse implicite:
· il lavoro non si discute, è sempre cosa buona (più
ce n'è, meglio è)
· il lavoro è quello dipendente
· il lavoro è quello materiale
· le "organizzazioni" sono quelle con tanti addetti
e grande fatturato
Da Taylor a Schein, nel mondo anglosassone, e da Gemelli a Spaltro
in Italia, tutti i contributi significativi del XX secolo si fondavano
su queste quattro premesse.
Il mio primo tirocinio come aspirante psicologo del lavoro l'ho impegnato
nella fase terminale di un intervento sulla sicurezza di una grande
acciaieria. Tutti gli autori "classici" di psicologia del
lavoro (da Gemelli a Schein, da Argiris a McGregor, da Munstenberg
a Drucker) si sono occupati essenzialmente di lavoro dipendente nella
grande industria manifatturiera. Fino dagli inizi, ed in gran parte
ancora oggi, sono molto rari i testi relativi al lavoro nella libera
professione, nella piccola impresa, nella grande impresa agricola
o turistica, o nelle grandi organizzazioni immateriali (centri di
ricerca, networks televisivi, case editrici, studios cinematografici,
pubblici servizi). Tutti i problemi relativi alla motivazione, al
clima, alla selezione, al management, all'orientamento o allo stress
sono sempre letti a partire dal paradigma della grande industria manifatturiera.
La premessa implicita della Psicologia del Lavoro e dell'Organizzazione,
è che "lavoro" è quello dipendente, in una
grande impresa di beni materiali. E che ogni tipo di lavoro può
essere interpretato come una fattispecie di quello. I classici riferimenti
a Taylor, Ford, e Mayo sono il tributo a questa impostazione. Ancora
oggi è normale trovare testi di psicologia del lavoro che partono
dai classici, per fondare le nuove teorie e le nuove pratiche.
Il fatto che oggi il lavoro è cambiato: è sempre meno
materiale, meno dipendente e meno inserito in grandi organizzazioni.
Possiamo affermare che il lavoro dipendente, nella grande industria
manifatturiera è ormai, in Occidente, minoritario.
Nell'ultimo quarto di secolo l'Occidente ha subito una mutazione epocale
rispetto al lavoro:
- il lavoro è diminuito, prima per l'automazione poi per
la globalizzazione, e quello restante, non è detto che sia
buono
- a diminuire è stato soprattutto il lavoro dipendente
- a diminuire ancora di più è stato quello materiale
(contadini e operai si sono progressivamente rarefatti)
- le "organizzazioni" sono quelle che producono un grande
valore, il che non è sempre legato alla quantità di
addetti o al livello del fatturato, e tantomeno alla materialità.
Relativamente ad un lavoro rarefatto, smaterializzato ed autonomo,
la psicologia sembra essere diventata afona, tanto sono rari i contributi.
E' sorprendente quanto la psicologia del lavoro, come tutte le altre
pratiche immateriali di cambiamento (la terapia, l'educazione, l'insegnamento)
sia avara di riflessioni sul lavoro immateriale: area cui appartiene
essa stessa. Paradossalmente, la riflessione delle pratiche immateriali
sul lavoro immateriale, cioè su se stesse come lavoro, è
stata fiorente finché queste erano minoritarie, marginali,
élitarie. Sulla soglia del XXI secolo, quando le pratiche immateriali
stanno diventando la prima forma di lavoro in Occidente, la riflessione
e il dibattito sembrano cessati.
Questo libro ha l'ambizione di voler stimolare una ripresa della riflessione
sul lavoro della psicologia del lavoro e delle pratiche immateriali
in generale.
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