F. Avallone, A. Paplomatas, Salute organizzativa, Raffaello Cortina, Milano, 2005.

La letteratura internazionale e le  ricerche effettuate nei contesti organizzativi documentano come sia impellente la necessità di attuare programmi per favorire il benessere all’interno dei contesti lavorativi. Una ricerca, ben documentata nel testo Salute organizzativa che ripercorre l’evoluzione storica della salute nelle organizzazioni, delineando le diverse concezioni, gli ambiti di studio e i possibili interventi.  Se nei primi anni del Novecento, la valutazione delle condizioni di lavoro ha comportato una maggiore attenzione ai fattori di rischio o di infortunio per i lavoratori, la nascita del movimento delle Relazioni umane di Mayo ha dato invece più importanza al fattore umano, cercando di analizzare i fattori psicologici e organizzativi che possano ledere la salute dei lavoratori arrecando scompensi alla stessa organizzazione. E’ proprio questa l’attenzione posta dai due psicologi che con il termine salute organizzativa indicano  “l’insieme dei nuclei culturali, dei processi e delle pratiche organizzative che animano la convivenza nei contesi di lavoro promovendo, mantenendo e migliorando il benessere fisico, psicologico e sociale delle comunità lavorative”. (pag. 65)

In tale definizione  sono presenti sia   le condizioni  che l’evoluzione del concetto di  salute all’interno delle organizzazioni. Il testo infatti, individua attraverso una serie di ricerche  quattordici dimensioni, che costituiscono  le componenti principali di tale costrutto: allestire  ambienti di lavoro salubri, confortevoli e accoglienti; porre  obiettivi espliciti e chiari  tra enunciati e prassi operative,  riconoscere e valorizzare le competenze e gli apporti dei dipendenti e liberare nuove potenzialità, ascoltare attivamente (considerare le richieste e le proposte dei dipendenti come elementi che contribuiscono al miglioramento dei processi organizzativi), fornire informazioni pertinenti al lavoro,  gestire  la  conflittualità, stimolare un ambiente relazionale franco, comunicativo e collaborativo, assicurare rapidità di decisione, scorrevolezza operativa (i problemi vengono affrontati con l’intenzione di superarli); assicurare equità di trattamento a livello retributivo, assegnazione di responsabilità, di promozione del personale; mantenere livelli tollerabili di stress; stimolare nei dipendenti il livello di utilità sociale; adottare le azioni per prevenire gli infortuni e i rischi professionali; definire i compiti dei singoli e dei gruppi; aprirsi all’ ambiente esterno e all’innovazione tecnologica.

Possibili interventi di promozione della salute che comprendono vari fattori (fisici, psicologici, sociali e organizzativi). A tal proposito, il testo propone una distinzione tra interventi sociotecnici incentrati prevalentemente su cambiamenti di aspetti oggettivi/strutturali dell’ambiente di lavoro (per esempio, orario d lavorativo, livelli gerarchici, fusioni aziendali, organizzazione del lavoro) che hanno implicazioni sullo stress, la salute e la soddisfazione lavorativa) e interventi psicosociali, che“mirano a produrre cambiamenti  della percezione che i lavoratori hanno del proprio contesto di lavoro, attraverso strategie quali un aumento del grado di partecipazione e di supporto sociale, miglioramento della comunicazione, riduzione dell’ambiguità e del conflitto di ruolo, aumento del controllo e dell’autonomia lavorativa”.

Interventi tradotti in prassi attraverso la documentazione di programmi come ad esempio l’Employee Assistance Programmes (EAP), Programmi di Assistenza ai Lavoratori introdotti negli Stati Uniti, il Controllo e prevenzione dello stress, svoltosi in Portogallo, l’intervento sul burnout in Olanda. Non manca l’analisi sull’efficacia di questi  interventi attraverso gli strumenti d’indagine.

Il testo esamina a tal proposito tra i vari strumenti,  il questionario MOHO (questionario multidimensionale della salute organizzativa), che coglie informazioni sulle quattordici dimensioni indicate dagli autori nei capitoli precedenti.  Presenta, inoltre, un’indagine sul campo condotta a Roma in collaborazione con la cattedra di Psicologia del lavoro della Facoltà di Psicologia 2 dell’Università “La Sapienza” di Roma e il “Programma Cantieri” del dipartimento della Funzione Pubblica, Ufficio per l’innovazione delle pubbliche amministrazioni, della Presidenza del Consiglio dei ministri. Un’indagine che cerca di incentivare le ricerche in ambito organizzativo, finalizzata “a dare origine ad una spirale virtuosa che possa condurre a un incremento di ciò che facilita la soddisfazione, costruttive relazioni professionali, la salute dei singoli e dell’intera organizzazione”.(pag. 125).

                                                                                                   Anna Erika Ena