La nascita di Eretz Israel / Altre pagine sul tema 1 | 2 | 3
Con la "Dichiarazione Balfour" del 1917 veniva riconosciuto da parte del Governo britannico al movimento sionista il diritto alla creazione di una sede nazionale o "focolare ebraico" in Palestina, giustificando di conseguenza la massiccia immigrazione ebraica verso la "terra promessa", immigrazione che ebbe grande sviluppo proprio in quegli anni. Affermando che:
"…Il Governo di Sua Maestà considera con favore la creazione di una sede nazionale per il popolo ebraico e farà tutti gli sforzi possibili per facilitare il raggiungimento di tale obiettivo…"
…il Ministro degli Affari Esteri A.J. Balfour impegnava ufficialmente il proprio Governo alla creazione di quel "foyer national" cui la Federazione sionista britannica ed il suo presidente Lord Rothschild anelavano già da diversi decenni. La Dichiarazione Balfour può essere così considerata un documento di riferimento fondamentale per il movimento sionista che già nel secolo precedente aveva manifestato la volontà di edificare uno Stato.
Nella seconda metà dell'800 infatti presso le comunità ebraiche sparse in Europa si era fatta strada quell'idea del "ritorno a Sion" che aveva trovato nei primi circoli di Chovené Sion e nel pensiero di Leo Pinsker (riassunto nell'opuscolo del 1882 intitolato "Autoemancipazione") terreno fertile per svilupparsi. Unitamente alla creazione in Palestina dei primi insediamenti agricoli di immigrati ebrei presso Giaffa e Petah Tikvah sostenuti dalla Jewish Colonisation Association, grande impulso alla creazione di uno Stato ebraico fu dato dall'opera di Theodor Herzl che nel suo "Judenstaat" del 1895 rilanciava la necessità per la comunità ebraica di riunirsi in uno Stato nazionale. La prospettiva nazionale non faceva ovviamente perdere di vista il problema territoriale, e cioè dove edificare il futuro Stato: Herzl infatti, oltre alla Palestina, vagliava come ipotesi anche la soluzione argentina.
La soluzione palestinese rimaneva in ogni caso quella più appetibile: prova ne è che l'Anglo-Palestine Company, collegata alla Jewish Colonial Trust di Londra ed il Jewish National Fund, costituito nel 1902, iniziarono presto a porre le prime basi su quel territorio. La successiva creazione di Compagnie quali la Eretz Israel Colonisation Association (1902) e la Palestine Land Developement che, come tutte le altre, si finanziava con autotassazioni e donazioni, crearono in breve quel substrato che avrebbe successivamente permesso la penetrazione ebraica in Palestina.
Le prime migrazioni verso la "terra promessa" di comunità provenienti quasi esclusivamente dai Paesi dell'Europa Orientale, che sfuggivano a persecuzioni e pogrom, portarono alla fondazione delle prime, seppur scarne, comunità ebraiche nella terra di Sion.L'impegno del 1917 del Governo di Londra veniva dunque preso quando il processo migratorio verso la Palestina era già stato avviato.
La prospettiva di una colonizzazione ebraica della Palestina andava però a cozzare contro le aspettative della popolazione araba residente. Non si può parlare, a questo proposito, di una immediata situazione di conflittualità tra le due comunità. A parte le rare situazioni di attrito, sussisteva una sorta di rapporto di buon vicinato fra arabi e comunità ebraica. La mancanza poi di un forte sentimento nazionale arabo aveva reso pacifica la penetrazione sionista. Fu dopo la Rivoluzione dei Giovani Turchi del 1908 che gli arabi appartenenti all'impero ottomano cominciarono ad intravedere la possibilità di acquisire l'autonomia politica nell'area Medio Orientale, autonomia che li avrebbe naturalmente posti in antagonismo con le prospettive della comunità sionista.
La prima guerra mondiale cristallizzò le posizioni sul campo. La Gran Bretagna con l'Accordo Sykes-Picot del maggio 1916 favorì la creazione in Medio Oriente di tre zone d'influenza assieme a Russia e Francia. Londra mirava a salvaguardare i propri interessi nell'area favorendo il consolidamento della comunità ebraica in Palestina e mantenendo una salda posizione strategica che le permetteva il collegamento terrestre con la colonia indiana. D'altra parte, la Gran Bretagna era riuscita a mantenere buoni rapporti anche con il mondo arabo: per vincere la Turchia alleata di Germania ed Austria si era assicurata l'alleanza degli emiri della penisola arabica guidati dallo "Sceriffo della Mecca" Husein ibn Ali, promettendo, ad avvenuta vittoria, la creazione di un territorio arabo indipendente (carteggio Husein-Mc Mahon, 1916).
L'incompatibilità tra le promesse fatte agli arabi e il contenuto dell'Accordo Sykes-Picot era evidente. Il doppio binario della diplomazia inglese provocò nell'immediato dopoguerra le vibranti proteste degli alleati arabi durante le trattative di pace. La protesta araba era accresciuta dal fatto che, con il Trattato di Sèvres del 1920 ed il successivo Mandato del 1922, la Gran Bretagna risultava contemporaneamente potenza tutelante la neonata nazione palestinese e "nume tutelare" della creazione di una sede nazionale ebraica. La richiesta pressante da parte araba di uno Stato palestinese autonomo sfociò nel 1921 in violenti scontri che lo Stato mandatario placò con la proclamazione della legge marziale e la pubblicazione nel 1922 del primo "Libro Bianco": la relazione, oltre ad alcune concessioni ad entrambe le comunità, stabiliva per la prima volta una limitazione delle quote di immigrati ebrei (aliyyah).
Dopo un periodo di calma apparente gli scontri ripresero nel 1929 provocando la morte di centinaia di persone. Ormai il contrasto si faceva di anno in anno più forte: alle rivendicazioni arabe faceva da contrappunto un sionismo lontano da ogni tipo di compromesso, mirante alla creazione di uno Stato ebraico in Palestina e Transgiordania, dal 1922 sotto diretto potere dell'emiro Abdallah. Gli scontri ormai frequentissimi fra le due comunità rendevano di fatto difficile la politica dello Stato mandatario; in particolare, negli anni '30 con l'avvento del nazismo, il panarabismo sembrò trovare una sponda nelle posizioni antiebraiche dell'Italia e nel pangermanesimo tedesco, posizioni peraltro corrisposte anche a livello diplomatico. Per paura di un disfacimento del predominio nell'area Medio orientale Londra rese sempre più filo araba la propria posizione politica: tutto ciò non fece che acuire i contrasti tra arabi di Palestina e sionisti. L'esasperazione degli arabi portò alla grande rivolta del 1936. Le posizioni erano talmente irrigidite che il Governo inglese continuò a barcamenarsi, purtroppo con scarso successo, nel tentativo di ricomporre una situazione ormai degenerata: al sentimento nazionalista panarabo faceva fronte una sempre più numerosa comunità ebraica che andava accrescendosi anche per la fuga dalla repressione nazista e che rivendicava la Palestina quale proprio Stato-Nazione. A nulla valse la pubblicazione del "Libro Bianco" del 1939 (che tra l'altro prevedeva una ulteriore limitazione delle quote di immigratiti ebrei): la prospettiva di creare uno Stato unico binazionale con partecipazione al Governo da parte di entrambe le comunità non fu accettata dai contendenti che proseguirono negli scontri.
Lo sgretolamento del Mandato divenne ancora più palese al termine della seconda guerra mondiale con la radicalizzazione delle opposte fazioni che portarono all'azione di gruppi paramilitari come la Najjada araba e l'Irgun e il Lehi ebraici, attivi questi ultimi dopo la vittoria nel 1946 al Congresso sionista della linea dura di Ben Gurion rispetto a quella di Weizmann.
Il problema palestinese fu sottoposto ufficialmente all'ONU nel 1947. Le Nazioni Unite, dopo attenta indagine dell'UNSCOP inviato sul terreno, decise per la revoca del mandato alla Gran Bretagna e la spartizione della Palestina: era prevista la creazione di due Stati, uno arabo ed uno israeliano, con l'internazionalizzazione della città di Gerusalemme. Lungi dal risolvere la situazione, il piano esacerbò gli animi provocando una vera e propria guerra civile tra le forze arabe, riunite in un "Esercito di Liberazione" e le formazioni paramilitari israeliane.
Il Governo inglese si schierò in favore degli arabi palestinesi poiché una loro eventuale vittoria avrebbe permesso, dopo il ritiro delle truppe di occupazione previsto per il maggio del 1948, di mantenere una forte presenza nell'area a difesa dei propri interessi economici.
Per contro, la causa ebraica aveva ricevuto significativi riconoscimenti sia dagli Stati Uniti (influenzati dalla potente lobby ebraica americana) che dall'URSS che vedeva in maniera favorevole la creazione di un nuovo Stato che avrebbe diminuito l'influenza inglese nella regione.
Con l'avvicinarsi del termine ultimo del mandato inglese, i capi dello Yishuv, le comunità ebraiche della Palestina, decisero per una prova di forza: con l'operazione denominata "Nashhon" del mese di aprile furono occupate le principali città della Palestina e il 14 maggio 1948 venne proclamata la nascita dello Stato ebraico. Il nuovo Stato fu riconosciuto quattro giorni dopo da USA e URSS.

 

Nessuno può uccidere nessuno. Mai. Nemmeno per difendersi.