PICCOLO MANUALE  DI PSICHIATRIA DI BASE

PARTE  PRIMA: PSICOLOGIA GENERALE

1.1.  Lo sviluppo psicologico del bambino

1.1.1. Le influenze prenatali
1.1.2. Gli organizzatori psichici di Spitz
1.1.3. Lo sviluppo del funzionamento intellettuale secondo Piaget


…la psychologie est une science de base de la Médecine.
H. Ey, Manuel de Psychiatrie

PREMESSE  LINGUISTICHE E CONCETTUALI

Ogni scienza, e più in generale ogni sapere, ha un suo specifico linguaggio che forma una specie di base, di fondamento, sul quale si sviluppa tutto l’apparato concettuale della materia. La non conoscenza di queste premesse linguistiche, che rappresentano in realtà dei veri e propri concetti di base, rende praticamente impossibile seguire l’articolarsi della materia e la sua evoluzione storica, concettuale, conoscitiva. Questo vale ovviamente anche per la psichiatria, anzi questo è forse un campo nel quale la specificità di linguaggio raggiunge vertici insuperabili. Praticamente tutte le parole usate in psichiatria o in psicologia avevano all’inizio altri significati e venivano usati in contesti diversi, talvolta molto diversi. L’uso psichiatrico è diventato poi talmente diffuso da essere diventato talvolta quello dominante.

In questa prima parte cerco di definire in modo semplice quelle parole, quelle espressioni verbali e quei concetti che sono necessari per poter capire meglio la seconda parte, nella quale invece parlerò specificamente delle diverse malattie psichiatriche.

Come ho già detto l’impostazione culturale alla quale faccio riferimento è quella psicoanalitica. Pertanto in questa prima parte cercherò di illustrare i concetti fondamentali della psicopatologia partendo dallo sviluppo psicologico del bambino secondo il punto di vista della Greenacre, di Spitz, di Piaget e della scuola psicoanalitica da Freud in poi, per come li ho raccolti e riordinati in tanti anni di una professione nella quale sono importanti sia lo studio teorico sia la rielaborazione successiva sia l’integrazione dell’esperienza man mano acquisita con le conoscenze teoriche.

Spero di aver fatto un lavoro chiaro pur nella sua semplicità; debbo però precisare che in un campo così vasto e così terribilmente complesso possono sfuggire imprecisioni o inesattezze quando non malcomprensioni dei testi o dei concetti. Mentre sono a disposizione per eventuali correzioni prego anticipatamente di scusarmene.

In questa prima parte esamineremo i concetti principali della psicopatologia generale secondo differenti angolature.

1.1. LO  SVILUPPO PSICOLOGICO  DEL  BAMBINO

Lo sviluppo psicologico passa da un massimo di dipendenza al momento della nascita all’autonomia dell’età adulta, attraverso un continuum graduale che comprende vari passaggi schematizzabili in diverse tappe.

1.1.1.      INFLUENZE PRENATALI

Ormai la stragrande maggioranza degli autori è d’accordo sul fatto che molti accadimenti della vita intrauterina agiscono sul feto nel corso della gravidanza. I fattori influenti possono essere sia fisici, ad esempio lo stato fisico della madre, sia psichici, ad esempio momenti di particolare stress subito dalla stessa. Alcuni autori sostengono che il feto presenta momenti di preangoscia uterina.

Secondo molti psicoanalisti, inoltre, la stessa nascita è vissuta come un trauma, per la brusca separazione biologica dalla madre, per l’iniziale difficoltà di respirazione e per l’improvviso violento afflusso di stimolazioni (luci, rumori, variazioni di temperatura). Secondo tali autori il trauma della nascita forma il modello di ogni successivo stato di angoscia e rimarrà valido per tutta la vita. Ulteriori esperienze di separazione o di angoscia non ne sono che la ripetizione.

1.1.2. GLI  ORGANIZZATORI  PSICHICI  SECONDO  SPITZ

Lo psichiatra infantile americano Spitz scopre, attraverso vari esperimenti, che ci sono alcune esperienze esistenziali che fungono da veri e propri organizzatori di varie tappe dello sviluppo psicologico del bambino. Ne identifica per la precisione tre che chiama: il sorriso del III mese; l’angoscia dell’VIII mese; la fase del No.

Il sorriso del III mese. Alla nascita il bambino vive in uno stato di autismo, nel quale è completamente ripiegato in se stesso, e di indifferenziazione identitaria nella quale non vi è distinzione tra lui ed il mondo esterno, in particolare tra lui e la madre. Nel corso del III mese il bambino incomincia a riconoscere il viso umano, in particolare la zona rappresentata dagli occhi e dal naso che Spitz riproduce con delle maschere, a cui rivolge dei sorrisi. Ciò sta ad indicare il riconoscimento del volto (della madre) come altro da sé, un inizio di relazione con il mondo esterno e l’uscita dall’autismo dei primi tempi di vita.

L’angoscia dell’VIII mese. In questo periodo il bambino incomincia a manifestare gioia quando sta con le persone che conosce e timore nei confronti delle persone che non conosce. Ciò sta ad indicare che il bambino non solo riconosce l’altro da sé, ma che nell’altro inizia a distinguere la madre dagli estranei

La fase del No. Verso i due anni il bambino inizia a dire no alla madre, incomincia cioè a manifestare una volontà propria in contrapposizione con quella della madre. Ciò sta ad indicare la definitiva separazione identitaria del bambino dalla madre che da quel momento viene riconosciuta come una persona affettivamente importante, ma diversa da lui.

1.1.3. LO SVILUPPO  DEL  FUNZIONAMENTO  INTELLETTUALE  SECONDO  PIAGET

Jean Piaget è un epistemologo svizzero che ha studiato lo sviluppo cognitivo nel bambino ed il suo funzionamento intellettuale. Questo viene diviso da Piaget in quattro fasi:

a. Fase senso-motoria. Dalla nascita ai due anni.

Alla nascita il bambino presenta solo delle attività riflesse agli stimoli. Cerca però subito un adattamento al mondo esterno in funzione dei bisogni. Ad esempio volge il capo verso il seno della madre. Sul piano relazionale vive in una stato di egocentrismo radicale: non vi è alcuna consapevolezza di un mondo esterno a sé.Successivamente il bambino ricerca o rifiuta oggetti per lui piacevoli o spiacevoli e questa ripetizione, definita reazione circolare,  crea le prime abitudini. Ciò significa che i dati delle esperienze vengono conservati. In seguito il bambino cerca attivamente di ripetere azioni che lo hanno interessato. La realtà comincia ad avere una certa persistenza.

Poi il bambino incomincia a compiere delle azioni necessarie per raggiungere un certo obiettivo (ad esempio spostare un oggetto che si frappone tra lui e la palla per poterla prendere). Si instaura così il concetto di successione temporale (prima spostare l’oggetto e poi prendere la palla). Incomincia a cercare oggetti scomparsi, il che significa che vi è permanenza della realtà esterna.

Successivamente il bambino incomincia a costruire schemi di azione nuovi in relazione a determinati fini (es. scagliare la palla con forza diversa). Incomincia anche ad usare mezzi diversi per raggiungere un fine (ad es. usare un bastone per raggiungere un oggetto) come fanno i primati. Il bambino riesce a trovare un oggetto nascosto in una serie di nascondigli.

Infine il bambino è in grado di mettere in atto azioni completamente nuove, frutto di una rappresentazione mentale (il bambino posa un oggetto per aprire una porta al di là della quale vi è qualcosa che desidera). La realtà è ormai permanente nella sua mente. Iniziano a crearsi le nozioni di spazio, tempo, causa.

b. Fase preoperatoria. Dai due ai sei anni.

Tra la fine della fase precedente e l’inizio di questa il bambino inizia a fare delle imitazioni differite di un modello (ad es. imita un genitore). Ciò significa che ha conservato una rappresentazione mentale del modello. *** Compaiono anche il gioco simbolico (far finta che un oggetto sia qualcos’altro: ad es. il seggiolino usato come cavallo) ed il linguaggio verbale si riferisce ad oggetti assenti. In tutti questi casi viene evocata una realtà non immediatamente presente ma conosciuta in precedenza. Il pensiero del bambino è caratterizzato da egocentrismo intellettuale: egli non può capire che la realtà possa venire percepita da punti di vista diversi dai suoi, capacità che compare verso i 9-10 anni. Attraverso i perché il bambino cerca di costruire una spiegazione del mondo che ha caratteri prelogici (ad es. la palla rotola per andare verso il bambino). La comprensione è fatta per intuizioni basate sulla percezione.

Verso i 5-6 anni compaiono le prime manifestazioni di conservazione di determinate qualità degli oggetti.

c. Periodo operatorio concreto. Dai sei ai dodici anni.

In questa fase, corrispondente al periodo di latenza nel pensiero di Freud, compaiono delle vere operazioni intellettuali caratterizzate dalla reversibilità (ad es. il bambino aggiunge e poi toglie una mela da un cesto di mele comprendendo che il numero rimane identico). La reversibilità segna la genesi del pensiero logico basato non più sull’evidenza percettiva ma sul ragionamento.

Alcune caratteristiche della materia vengono conservate, e Piaget ha constatato che la conservazione inizia con quella del numero (verso i 5-6 anni) e termina con quella del volume (verso i 12 anni). In questa fase il bambino è in grado di mettere in atto operazioni di classificazione e di seriazione.

d. Fase operatoria formale. Coincidente con l’inizio dell’adolescenza.

Il pensiero di questa fase è stato definito “pensiero ipotetico-deduttivo” perché è in grado di strutturare delle operazioni logiche basate su premesse puramente ipotetiche. E’ il pensiero adulto, evoluto, capace di ragionare in termini di pure ipotesi (ad es. che cosa potrebbe succedere se io facessi….) Con questa fase lo sviluppo del funzionamento intellettuale termina essendo arrivato al suo stadio finale: quello dell’adulto.