Étienne
de La Boétie |
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Discorso
sulla Servitù Volontaria |
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Titolo
originale dellopera "Discours
de la Servitude Volontaire" -
Traduzione di Vincenzo Papa |
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Saggio
introduttivo Unambigua utopia repubblicana e note
al testo di Enrico Voccia |
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Qualunque governo, ci dice La Boétie, ha bisogno del
consenso dei sudditi; e questo tanto più il potere politico è
tirannico nel senso comune del termine. Per potersi
reggere un qualunque governo deve dunque mettere in atto una serie
di strategie volte alla creazione di tale consenso; e qui lanalisi
di La Boétie si biforca, andando ad analizzare dapprima i meccanismi
di formazione/estorsione della volontà di servire,
poi la ramificazione dellorganizzazione oligarchica che
sfrutta tale struttura consensuale. Lestrema plasmabilità del carattere umano mercé
quella forma delleducazione che è la vita sociale risulta
essere il fondamento dellacquiescenza popolare alla tirannia: (...) la prima ragione
della servitù volontaria è labitudine: come i più bravi
destrieri che prima mordono il freno e poi ne gioiscono, e mentre
prima recalcitravano contro la sella, ora si addobbano coi finimenti
e tutti fieri si pavoneggiano sotto la bardatura. Dicono che sono
sempre stati sottomessi, che i loro padri hanno vissuto così.
Pensano di essere tenuti a sopportare il male e lasciano che gli
si dia ad intendere con lesempio, basando sullestensione
del tempo il potere di coloro che li tiranneggiano. Ma a dire
il vero, gli anni non danno mai il diritto di fare il male, anzi
ingigantiscono loffesa. Questa
tesi però non resta isolata. Ovviamente labitudine, alla
lunga, non riuscirebbe a tenere in piedi un potere politico che
sfruttasse continuamente e senza alcuna tregua i suoi sudditi;
non riuscirebbe cioé ad impedire continue rivolte. Ma il potere
è attento ad elargire di tanto in tanto panem et circenses
ai suoi sudditi e, così facendo, non solo li placa, ma fa sì che
questi siano stoltamente riconoscenti per questi pretesi regali.
Ringraziando il ladro che restituisce loro una piccola parte del
maltolto, i sudditi si abituano così a vedere nel tiranno addirittura
una sorta di benefattore!
[21]
Parlando degli imperatori romani, La Boétie
ci dice che I tiranni elargivano
un quarto di grano, un mezzo litro di vino ed un sesterzio; e
allora faceva pietà sentir gridare: Viva il re! Gli
zoticoni non si accorgevano che non facevano altro che recuperare
un parte del loro, e che quello che recuperavano, il tiranno non
avrebbe potuto dargliela, se prima non lavesse presa a loro
stessi. Chi avesse raccattato oggi un sesterzio, e si fosse rimpinzato
al pubblico festino, benedicendo Tiberio e Nerone e la loro bella
generosità, lindomani, costretto ad abbandonare i suoi beni
alla loro avarizia, i propri figli alla lussuria, il suo stesso
sangue alla crudeltà di quei magnifici imperatori, non avrebbe
detto una parola più di una pietra (...). Ma
cè di più. Il potere tirannico tende ad atomizzare la società,
fa di tutto per impedire qualunque forma di aggregazione e comunicazione
sociale e politica che non abbia a proprio fondamento lobbedienza
servile allo Stato. In questo senso il potere tirannico si presenta
a sua volta come un privato, come per lappunto lUno;
ma questUno è il privato più forte,
talmente forte da controllare i flussi della comunicazione sociale
e da riuscire a imporre ideologicamente i propri interessi privati
come bene comune, utilità pubblica. Il
tiranno, infatti, nel momento in cui porta avanti i propri interessi,
non trascura di creare consenso intorno alla propria politica
presentando i suoi interessi particolari come interesse
generale della società.
[22]
Gli imperatori romani
non dimenticarono neanche di assumere di solito il titolo di tribuno
del popolo, sia perché quella carica era ritenuta sacra, sia perché
era stata istituita per la difesa e la protezione del popolo,
e sotto la tutela dello Stato. Così si garantivano che il popolo
si fidasse di più di loro (...) Oggi non fanno molto meglio quelli
che compiono ogni genere di malefatta, anche importante, facendola
precedere da qualche grazioso discorso sul bene pubblico e sullutilità
comune (...). Laltro
strumento di creazione del consenso dellabitudine
alla servitù volontaria nel linguaggio di La Boétie è la
creazione di quella che nella storia politica del XX secolo verrà
detto il culto della personalità del tiranno. Intorno
alla figura del tiranno, viene detto, si sono in tutti i tempi
impostati una serie di meccanismi della comunicazione politica
volti ad offrire di esso, coerentemente con la sua rappresentazione
politica come del privato più forte (lUno),
unimmagine superoministica. Il tiranno, in altri termini,
cerca di presentare al popolo la sua superiorità politica come
il frutto di una originaria e particolarmente accentuata superiorità
gerarchica a base naturalistica: egli non è un uomo come
tutti gli altri. Lutilizzo della religione come instrumentum
regni è in effetti, nellanalisi che fa La Boétie
di tale meccanismo politico, strettamente collegato allimmagine
superoministica che il tiranno vuole dare di sé; proprio perché
non è un uomo comune, ma è qualcosa di più di un uomo,
che egli ha un rapporto particolare con il divino è un
Unto dal Signore. La tesi della legittimità divina
del potere monarchico, che recupera ed attualizza a favore del
potere monarchico degli Stati accentrati lideologia imperiale
tardoantica e medievale, viene da La Boétie impietosamente smontata
e ricondotta nella sua essenza ad un meccanismo ideologico volto
alla creazione dellabitudine alla servitù volontaria. Ma come fa il potere politico ad instillare così profondamente
nella società laccettazione di tali meccanismi ideologici?
Come è possibile che lideologia dellinteresse dellUno
come interesse pubblico, il culto della sua personalità spinto
talvolta fino alla semidivinizzazione, ecc. vengano così favorevolmente
accolti dalla maggior parte dei sudditi? Ancora una volta il grande
amico di Montaigne precorre una serie di indagini contemporanee
di Psicologia Sociale volte ad evidenziare come il consenso, spesso,
si configuri come una risposta selettiva alle pressioni alla conformità
di gruppo.
[23]
Innanzitutto abbiamo già detto che il potere
tirannico fa di tutto per impedire la comunicazione sociale delle
idee non conformiste, critiche nei confronti della propria ideologia,
e veicola invece nel modo più ampio e capillare le voci consenzienti.
Quel che non abbiamo ancora detto è che La Boétie individua, al
di là del puro dato osservativo, il senso profondo di una tale
meccanismo di censura: di fronte alla nudità del re, ogni suddito
atomizzato, pur vedendola, applaude vedendo applaudire
gli altri; di fronte allapparente consenso generale,
essendo pericoloso esprimere le proprie percezioni del reale agli
altri (lunico metodo possibile per comprendere quelle altrui),
preferisce alla fine modificare le proprie idee. Il dissenso dei
singoli individui si trasforma così paradossalmente nel consenso
della massa. Ora, comunemente, lo
zelo e laffetto di quelli che hanno conservato, nonostante
il tempo, la devozione alla libertà, per quanto siano numerosi,
resta senza effetto per il fatto che non si conoscono reciprocamente:
sotto il tiranno, gli viene tolta del tutto la libertà di fare,
di parlare e quasi anche di pensare, e rimangono tutti isolati
con le loro idee. La
maggior parte degli uomini trova così vantaggioso non opporsi
al tiranno, e qualcuno individua il suo vantaggio personale nella
collaborazione con esso. Non sono le truppe di
cavalleria, non sono i battaglioni di fanteria, non sono le armi
che difendono il tiranno. Non lo si crederà immediatamente, ma
certamente è vero: sono sempre quattro o cinque che sostengono
il tiranno, quattro o cinque che mantengono lintero paese
in schiavitù. È sempre successo che cinque o sei hanno avuto la
fiducia del tiranno (...) Questi sei orientano così bene il loro
capo, che a causa dellassociazione, egli deve essere disonesto,
non solamente per le sue malefatte, ma anche per le loro. Questi
sei ne hanno seicento che profittano sotto di loro, e fanno con
questi seicento quello che fanno col tiranno. Questi seicento
ne tengono seimila sotto di loro (...) Da ciò derivano grandi
conseguenze, e chi vorrà divertirsi a sbrogliare la matassa, vedrà
che, non seimila, ma centomila, milioni, si tengono legati al
tiranno con quella corda (...) si trovano alla fine quasi tante
persone per cui la tirannia sembra redditizia, quante quelle cui
la libertà sarebbe gradita. La
Boétie usa spesso espressioni spregiative nei confronti di chi
si sottomette al tiranno, come pure nei confronti di chi cerca
di risalire la scala gerarchica e divenire suo collaboratore più
o meno diretto. Tali espressioni non ci devono però trarre in
inganno: nella sua analisi la catena del vantaggio gerarchico
si costituisce e funziona al di là della volontà e della moralità
del singolo. La Boétie afferma ripetutamente durante tutto il
suo Discorso sulla Servitù Volontaria una
concezione radicalmente egualitaria degli uomini, e come abbiamo
già visto nelle sue analisi rivolte allevidenziazione di
quei fenomeni che oggi conosciamo come risposte alla pressione
alla conformità del gruppo, limmagine che egli ha degli
uomini inseriti nella dinamica sociale della tirannia è assai
simile a quello che sarà il postulato della moderna Teoria
dei Giochi.
[24]
I sudditi appaiono cioè degli attori razionali
volti a massimizzare il proprio vantaggio personale, coinvolti
sotto la tirannia in un perverso gioco a somma zero, nel quale
la maggior parte dei giocatori per mancanza di informazioni
essenziali invece di perseguire il proprio vantaggio oggettivo,
si accontenta timorosamente di ciò che appare loro il male minore
nella situazione data: lacquiescenza al potere. E ora risulta
anche evidente perché La Boétie non consideri la democrazia di
per sé alternativa alla tirannia. (...) quelli
che sono posseduti da una ardente ambizione e da una notevole
avidità, si ammassano attorno a lui [il tiranno] e lo sostengono
per prendere parte al bottino, ed essere, sotto il gran tiranno,
tirannelli anchessi. (...) Così il tiranno rende servi i
sudditi gli uni per mezzo degli altri (...) Ecco i suoi difensori,
le sue guardie, i suoi alabardieri. Non che a loro stessi non
capiti di subire qualche volta da lui, ma questi esseri perduti
e abbandonati da Dio e dagli uomini sono contenti di sopportare
il male per farne (...) É
nota la famosa teoria della Società dei due terzi
che evidenzia uno dei rischi totalitari ed oligarchici insiti
nella democrazia: la tentazione di una politica sociale
che sfrutti il meccanismo maggioritario della democrazia parlamentare
per soddisfare i due terzi della popolazione a scapito del terzo
restante.
[25]
Ma La Boétie evidenzia un rischio ancora maggiore,
insito nella catena del vantaggio gerarchico: il meccanismo della
Società dei due Terzi è un meccanismo ricorsivo che,
alla fine del processo, non soddisfa pienamente nemmeno i due
terzi della società ma solo una ristretta oligarchia. La
catena del vantaggio gerarchico infatti funziona, come abbiamo
visto in precedenza, a cascata: di fronte al rischio
insito nella ribellione, la maggior parte degli uomini che hanno
accettato di collaborare con il governo tirannico e che si trovano
ai livelli minori della gerarchia vengono a loro volta ferocemente
tiranneggiati dai livelli superiori. L unico loro vantaggio
residuo consiste nel poter ferocemente tiranneggiare a loro volta
i senza potere; ma così facendo non fanno altro che
attirare su di loro lattenzione dei dominati che
spesso e volentieri individuano in loro i veri artefici delloppressione
facendone salvo il tiranno e dando vita alla favola del
Re Buono e dei Ministri Cattivi. É questo meccanismo che rende
inessenziale il fatto che il tiranno sia tale per elezione popolare,
eredità o per conquista manu militari dello
stato. Lumanità intera appare nella riflessione di La
Boétie prigioniera di un gioco perverso, che appare come una malattia
snaturante la sua vera e libera essenza. Come può sfuggire da
questa trappola e, per così dire, da bestia ritornare uomo?
Il vero onore tributato alla libertà dal Discorso sulla
Servitù Volontaria è un invito alla disobbedienza civile.
Se il fondamento della tirannia è il consenso, organizzare il
suo rifiuto è lunica strada che può spezzare lincanto.
Siate decisi a non servire più, ed eccovi liberi.
Certo La Boétie lascia aperti molti interrogativi senza risposta
sul come, nello specifico, si possa percorrere la strada della
liberazione, il rifiuto del consenso. Ma la pars destruens
della sua opera resta notevolissima ed è stata viatico sufficiente
nei secoli per un testo scritto in onore della libertà,
contro i tiranni. BIBLIOGRAFIA Principali
edizioni del Discorso sulla Servitù Volontaria · Edizione parziale senza indicazione
dellautore, senza titolo e alquanto rimaneggiata in COSMOPOLITE,
Eusèbe Philadelphe, Le Réveille-Matin des Français et
de leurs voisins, Bâle, edizione clandestina, 1574
(successive edizioni appariranno già lo stesso anno ad Edimburgo). · Edizione quasi
completa senza indicazione dellautore e col titolo ContrUn
in GOULART, Simon, Mémoires de lEstat de France
sous Charles Neufiesme, contenans les choses les plus notables,
faites et publiées tant par les Catholiques que par ceux de la
Religion, depuis le troisiesme Édit de pacification fait au mois
dAoust 1570, jusques au règne de Henry troisiesme,
Luogo di edizione sconosciuto, edizione clandestina, 1576 (Successive
edizioni appariranno a Meidelbourg nel 1578 e nel 1579). · DE LA BOÉTIE,
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in MONTAIGNE, Michel de, Essais, Parigi e
Ginevra, 1727, Londra, 1739, Parigi, 1740, Londra, 1745. · DE LA BOÉTIE,
Étienne, La Servitude Volontaire, in LAFITE,
Discours de Marius, plébéien et consul, traduit en prose
et en vers français du latin de Salluste; suivi du Discours dÉtienne
de La Boétie, ami de Montaigne et conseilleur au Parlament de
Bordeaux, sur La Servitude Volontaire, traduit
de français de son temps an français daujourdhui,
Parigi, 1789. · DE LA BOÉTIE,
Étienne, Discours de la Servitude Volontaire ou ContrUn,
edizione parziale in MARÉCHAL, Sylvain, LAmi de
la Révolution ou Philippiques dédiées aux représentants de la
nation, aux gardes nationales et à tous le français,
Parigi, 1791, pp. 137/183 (Supplemento allottava
filippica). · DE LA BOÉTIE, Étienne, Discorso
di Stefano della Boétie della schiavitù volontaria o il Contra
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1835. · DE LA BOÉTIE,
Étienne, De la Servitude Volontaire ou Le
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Étienne, Discours de la Servitude Volontaire,
in Oeuvres complètes, a cura di Feugère, Leon,
Paris, Delalain, 1846. · DE LA BOÉTIE,
Étienne, La Servitude Volontaire, Parigi,
Firmin/Didot, 1853. · DE LA BOÉTIE,
Étienne, La Servitude Volontaire, in AA. VV.,
a cura di Poupart, Auguste, Tyrannie, usurpation et servitude
volontaire (raccolta di scritti di Vittorio Alfieri,
Benjamin Constant ed Étienne de La Boétie), Bruxelles,
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Étienne, Discours de la Servitude Volontaire,
Parigi, Dubuisson, 1863. · DE LA BOÉTIE, Étienne, Il
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Étienne, Discours de la Servitude Volontaire,
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Étienne, Discours de la Servitude Volontaire,
in Oeuvres complètes, a cura di Bonnefon,
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Étienne, Discours de la Servitude Volontaire,
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Étienne, Discours de la Servitude Volontaire,
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sulla servitù volontaria, traduzione italiana di Geninazzi,
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sulla servitù volontaria, traduzione italiana di Capriglione,
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quelques particularitez quil remarqua en la maladie &
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complètes, Parigi, Gallimard, 1962, pp. 1347/ 1365
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Jugements des savants sur les principaux ouvrages des
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1725), II volume, p. 425; IV volume, p. 85; V volume, p. 44; VI
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are pointed out and the Dreadful Scenes of Despotism Disclosed,
to Which is prefixed on Adress to the Electors of Great Britain,
in order to Draw their Timely Attention to the Choice of Proper
Representatives in the Next Parliament, Londra, 1774. · MARAT, Les
chaînes de lesclavage (traduzione del testo inglese
The chains of slavery, whwrein... Londra,
1774), Parigi, 1792. · DE LA MENNAIS,
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a cura di de La Mennais, Félicité, Parigi, 1835 (traduzione italiana
in DE LA BOÉTIE, Étienne, La Servitù Volontaria,
op. cit., pp. 47/54). · FEUGÉRE, Leon,
Étienne de La Boétie, ami de Montaigne; étude sur sa
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in Revue Sociale, agosto/settembre 1847, pp.
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Parigi, Dubuisson, 1863 (traduzione italiana in DE LA BOÉTIE,
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70/71 e 85/92 (traduzione italiana parziale in DE LA BOÉTIE, Étienne,
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Dr., Montaigne pamphlétaire. Lénigme
du ContrUn, Parigi, Hachette, 1910 (volume
che raccoglie vari articoli comparsi in diverse riviste tra il
1906 ed il 1909, nel quale si esponeva la tesi della paternità
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La Boétie e Machiavel, daprès une publication récente.
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traduzione italiana di Geninazzi, Luigi, Milano,
Jaca Book, 1979. · GOYARD-FABRE,
Simone, Au tournant de lidée de Démocratie: linfluence
des Monarchomaques, in Cahier
de Philosophie politique et juridiqu, Caen, n. 1, 1982,
pp. 27/48. · GOYARD-FABRE,
Simone, Le peuple et le droit dopposition, in
Cahiers de Philosophie politique et juridique,
n. 2, 1982, pp. 69/89. · GOYARD-FABRE,
Simone, Introduction a DE LA BOÉTIE, Étienne, Discours
de la Servitude Volontaire, Pargi, Flammarion, 1983,
pp. 17/122. · DE CAPUA, Raimondo, Introduzione
a DE LA BOÉTIE, Étienne, Discorso sulla servitù volontaria,
traduzione italiana di Capriglione, Franco, Napoli,
Procaccini, 1993. · GIANNINI, Giorgio, Ghirigori
sulla libertà. In margine al Discorso sulla Servitù Volontaria
di É. de La Boétie, in LOsservatore Romano,
quotidiano, Sabato 11 febbraio 1995. |
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